Pugnalato dalla malattia nemico di sé stesso Logorato dall’angoscia Perforato dagli aghi Avvelenato da farmaci, radiazioni e paura Scosso dai brividi Stordito dalla morfina Svuotato della fertilità Privato di sogni Dimagrito, ingrassato, dimagrito di nuovo, gonfiato dal cortisone, ingrassato ancora Affamato Inappetente Nauseato Bisognoso Regredito all’infanzia Attraversato dai tubi Invecchiato di vent’anni in due mesi Incapace di reggersi in piedi Capace di imparare di nuovo a camminare Svenuto sul pavimento della camera da letto Incosciente in terapia intensiva Appassito e rifiorito Come cento primavere Stanco Milioni di volte finito E sempre una volta in più ricominciato Ingrigito Ingiallito Imprigionato Evaso Così incredibilmente coraggioso Così incredibilmente forte Così incredibilmente vivo. Onore a te, Mio corpo bellissimo, Scrigno Di tante notti E altrettanti giorni, Più uno
Me la guardano tutti, con insistenza. Me ne sono accorta e quando non me ne sono accorta me l’hanno fatto notare.
La storia della mia cicatrice: Per diagnosticare la mia malattia c’è voluto oltre un anno. Uno degli interventi indispensabili per diagnosticare un tumore è la biopsia. Se si tratta di un linfoma si tratta più di un agoaspirato. Se si tratta di un linfoma con bulky mediastinico grande come una palla da baseball, si può tornare a parlare di biopsia.
A me l’hanno fatta sia cosciente, tac guidata: sdraiata sul lettino e sudata fradicia per la paura, con un sondino mi sono entrati nel torace. Poi anche in anestesia totale e durante l’intervento c’è stata qualche complicazione quindi il taglio che solitamente è più piccolo, l’hanno dovuto allargare.
Poi nella fase di guarigione non si è chiusa bene (mi hanno cucita anche un po’ alla cazzo di cane, a dirla tutta).
Quella linea verticale di pelle più scura e liscissima e tanto delicata, arriva da qui. È questa la sua storia. La possono guardare tutti.
Potete leggerla tutti.
Di cicatrice poi ne ho anche una più piccola, sopra il seno destro. A completare la tela: le macchie Mi pare si chiamino tipo macchie di leopardo. O macchie ad artiglio di tigre. Insomma, c’è di mezzo un felino. Praticamente: se, nel periodo di chemio, ti prude la pelle per reazione ai farmaci (e ti prude, ti prude eccome) e per distrazione non ricordi che i medici ti hanno detto di non grattarti mai, ti gratti e dopo qualche minuto appaiono righe rosse in corrispondenza di dove ti sei grattata. Che poi diventano marroni. No, non vanno via dopo pochi giorni. Se va bene le tieni anni. Se no le tieni e basta.
Mi hanno detto che è bello che mostri le mie cicatrici con naturalezza, perché a guardarle un po’ fanno impressione. Che poi non è che le mostri con così tanta naturalezza, a me la mia pelle liscia piaceva. Però in questi segni c’è la mia storia. Non mostro loro, mostro me.